Matteo Collura
Matteo Collura

Il commento/ I candidati si scoprono più fragili

di Matteo Collura
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Venerdì 17 Maggio 2024, 01:16

Bisogna ammetterlo: l’attentato al premier slovacco Robert Fico costringe noi europei ad affrontare riflessioni di cui avremmo volentieri fatto a meno.

Prima tra tutte questa: i candidati – uomini e donne – impegnati nella campagna elettorale in corso, continueranno ad avvicinarsi ai loro sostenitori che andranno a salutarli e ad applaudirli dopo averli ascoltati? In proposito esprimiamo qualche dubbio. L’uomo che ha sparato a Robert Fico ha undici anni più di lui e un aspetto che mai farebbe pensare a un terrorista. Abbiamo letto che scrive poesie e ha un controverso passato di visionario piuttosto ingenuo. L’altro ieri, mentre il leader slovacco, circondato dalle sue guardie del corpo, si accingeva a stringere le mani a un gruppo di sostenitori assiepato dietro le transenne, l’anziano Juraj Cintula, un “lupo solitario” come un altro, ha tranquillamente estratto di tasca una pistola e gli ha sparato a bruciapelo più colpi.

Tutto finito qui, augurandoci che la vittima dell’attentato possa sopravvivere? Niente affatto. I colpi d’arma da fuoco che hanno messo in ginocchio il primo ministro Fico, rimbombano nella nostra mente come un segnale che non possiamo non considerare allarmante a tre settimane dal voto. Perché, d’improvviso, l’altro ieri, ad Handlová, un alto rappresentante della politica di un Paese europeo è finito vittima di un aggressore che nessuna guardia del corpo, un momento prima di quegli spari, avrebbe preso in considerazione.

È come se di colpo ci si rendesse conto che il potere (sotto ogni aspetto) sia rimasto nudo. Come se la violenza che dilaga nei social, nelle nostre periferie, nelle scuole, nelle università, nei talk show, negli spettacoli d’intrattenimento, fosse destinata a finire, prima o poi, per armare la mano del più insignificante “lupo solitario”. È vero che gli attentati ai massimi rappresentanti della politica non sono mancati in questi ultimi anni, ma è altrettanto vero che oggi gli esponenti politici, proprio perché puntano tutto sul proprio carisma e sulla propria immagine, sono pericolosamente esposti alla violenza di coloro che gli fanno ressa intorno.

Il premier Robert Fico, ne è la prova. Difficile ed errato paragonare – faccio un esempio – l’assassinio del primo ministro svedese, Olof Palme, avvenuto nel 1986, con l’attentato dell’altro ieri in Slovacchia. Forse questo nuovo delitto potrebbe avere qualche assonanza con quello della deputata laburista britannica Jo Cox, assassinata a colpi di pistola e coltellate per strada, nel 2016: molto più “visibile”, la signora Cox, del premier Palme; una “visibilità” che l’ha resa bersaglio facile, oltre che simbolo di un potere che nei disadattati e negli squilibrati è visto come una sempre più insostenibile provocazione.

A caldo, dopo aver appreso dell’attentato in Slovacchia, a qualche commentatore è venuto in mente il duplice assassinio di Sarajevo, anno 1914. Ed è un parallelo che si può fare, considerata la tensione che grava sull’Europa, oggi come ieri. Con un aggravante per noi, figli del terzo millennio: centodieci anni fa le guerre si combattevano ancora tra eserciti schierati uno contro l’altro, non era certo immaginabile che un capo di Stato potesse rendere pubblico il proposito di effettuare prove tecniche “di uso moderato” di armi atomiche, come Putin tranquillamente minaccia.

Inutile girarci intorno, bisogna dirlo chiaramente. L’attentato di cui è rimasto vittima il discusso leader della Slovacchia, non potrà essere ben presto dimenticato come un episodio isolato nel pur impazzito modo di fare politica dei nostri giorni. Quegli spari diretti a Robert Fico sono come un macigno venuto a cadere sulle nostre speranze di europeisti convinti, di cittadini che si apprestano a dare il loro libero contributo a una democratica competizione elettorale. E soprattutto quegli spari ci dicono di una tragica realtà: quanti saranno, d’ora in poi, i candidati che continueranno ad andare in giro, ovunque in Europa, per stringere le mani ai loro sostenitori? Quanti di loro andranno “incontro al popolo”, come dice il titolo di un racconto di Moravia?

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